Piccole discariche abusive: a Roma siamo a 300. Ma un metodo per fermarle c’è

Occorre interrompere la filiera degli adesivi di svuotacantine e traslocatori. Gli sfollati da via del Foro Italico si sono spostati a Pietralata

 

Nei giorni scorsi, tra le foto del giorno, abbiamo pubblicato una classica (nel senso romano del termine) piccola discarica abusiva riapparsa dopo una bonifica. La lettrice Antonella, nei commenti, ha giustamente fatto notare che la nostra città di queste immagini è piena in ogni dove. E poi si è domandata con chi vogliamo prendercela.

Ebbene una prima e forse superficiale risposta è che dobbiamo prendercela anche in questo caso con la giunta, non tanto perché si sia comportata peggio dei predecessori, quanto perché si è comportata come i predecessori.

Il problema delle discariche abusive, piccole o grandi, risale a molti anni fa ma ha avuto il suo boom dal 2003 in poi quando la città è stata invasa dagli adesivi dei traslocatori e degli svuotacantine. Costoro, in apparenza poveri diavoli che vogliono solo sbarcare il lunario, sono in realtà dei veri killer dell’ambiente che hanno disseminato il territorio di una serie di bombe ecologiche. Secondo Arpa Lazio siamo arrivati a 300 siti abusivi di scarico nella capitale e a ben 23 luoghi dichiarati a rischio ambientale.

 

Quando chiamate qualcuno che promette di svuotare il vecchio appartamento o la vecchia cantina per pochi euro, sappiate che getterà tutto in luoghi non autorizzati. E che questi luoghi sono campagne, piazzole, parchi o baraccopoli abusive. E che da queste baraccopoli si levano roghi tossici che affumicano i polmoni di migliaia di romani.

Insomma il piccolo e all’apparenza innocente adesivo che avete visto sul cassonetto o sulla cassetta postale, è a capo di una filiera di illegalità che provoca inquinamento, disastri ambientali e elevatissimi costi per la comunità.

Tutto è collegato e per tornare alla domanda iniziale posta dalla lettrice, ecco perché non possiamo non prendercela con la giunta che non ha mosso un dito contro la piaga degli adesivi mentre ha pensato di concentrarsi sulle telecamere che colpiscono “gli zozzoni”, come li chiama la Sindaca. E’ un po’ come quei medici che curano solo il sintomo e non fanno nulla per trovare la causa della malattia.

Se non si agisce in maniera sistematica non si potrà mai ridurre il fenomeno che anzi crescerà a livello esponenziale. Volete una prova? Eccola ed è quello che è accaduto dopo lo sgombero del campo rom abusivo di via del Foro Italico.

Avevamo già mostrato le foto di quello che gli abusivi hanno lasciato alle loro spalle, con una massa di rifiuti pericolosi che cadono nel Tevere e che nessuno al momento ha rimosso.

 

Ora, come da noi stessi previsto, il problema è andato a colpire altri quartieri non lontani. Prima la scarpata tra viale Somalia e via Mascagni e poi l’area di Vigna Mangani a Pietralata. Qui si sono insediati molti di coloro che fino a metà agosto soggiornavano in via del Foro Italico e già hanno cominciato a raccogliere i rifiuti provenienti dagli abusivi di tutta Roma, ad appiccare roghi tossici e costruire un nuovo accampamento che andrà ad inquinare l’Aniene.

Lo racconta al Messaggero in questo video un cittadino esasperato che ha filmato alcune giornate dei suoi nuovi vicini.

Eppure, il delegato del Sindaco aveva cantato vittoria dicendo che finalmente erano intervenuti per bonificare e sanare e bla, bla, bla. Chi non conosce i problemi (e quindi non sa trovare neanche le soluzioni) si è spellato le mani per applaudire. E invece il problema c’è di nuovo, spostato di poche centinaia di metri e resterà lì per anni.

Cosa c’è da fare allora?

Le soluzioni le abbiamo elencate altre volte e – a costo di sembrare ripetitivi – le ribadiamo anche qui:

  • Ispezioni nei cantieri edili (che si limitano in genere al controllo degli abusi edilizi ma che non verificano mai il corretto smaltimento);
  • Disattivazione immediata dei numeri di telefono pubblicizzati sugli adesivi;
  • Albo di chi è autorizzato ad operare come svuotacantine e traslochi (ogni operatore deve avere un libretto di smaltimento);
  • Appostamenti nei luoghi delle discariche abusive, con sanzioni severissime e sequestro del mezzo di chi viene colto in flagrante;
  • Tessera a punti per il cittadino: per ogni rifiuto consegnato in discarica la tessera accumula punti che daranno diritto ad uno sconto sulla tassa rifiuti.

Per la disattivazione dei numeri di telefono che appaiono sugli adesivi occorre una legge nazionale che semplifichi la procedura, oggi impossibile da attuare dalle forze di polizia giudiziaria. E dovrebbe essere un provvedimento che la Sindaca Raggi potrebbe sollecitare.

In seguito a queste iniziative, è probabile che il fenomeno delle discariche illegali si ridurrà molto fino a rientrare in una percentuale fisiologica. Altrimenti il problema si sposterà da un quartiere all’altro senza mai trovare una reale e definitiva soluzione.

 

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6 risposte

  1. All’estero ho visto spesso dei grandi cassoni in prossimità di edifici in ristrutturazione, probabilmente obbligatori, per la raccolta dei calcinacci.
    Le soluzioni elencate nell’articolo sono giuste e logiche se solo ci fosse la volontà di affrontare il problema ma “i problemi di Roma sono altri”…

  2. In oltre 15 anni si è lasciata crescere in modo incontrastato l’attività di svuotacantine abusivi e recuperanti che incessantemente 365/365 g frugano nei cassonetti. Costoro alimentano discariche abusive e roghi tossici cancerogeni. Video, film, centinaia di articoli, trasmissioni TV. Tutto inutile
    La drammatica resa incondizionata della società civile.

  3. Anche sui social si vedono post con pubblicità di smaltimenti a 50 euro, come è possibile se il non riciclabile ha un costo elevatissimo alle piattaforme dove ricevono la merce a pagamento? Bisogna allegerire i costi di smaltimento alle piattaforme per evitare il tutto.

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