Per salvare i ciclisti occorrono tante piste ciclabili

La tragica morte di Michele Scarponi ha riaperto il dibattito sulla sicurezza dei ciclisti. In particolare sulla necessità di una legge che imponga agli automobilisti di tenersi ad almeno un metro e mezzo dalle biciclette in fase di sorpasso. Il senatore di Gal, Michelino Davico, ha presentato un ddl in tal senso, per la modifica dell’articolo 148 del codice della strada.

In realtà basterebbe un po’ di buon senso più che una nuova legge. E’ chiaro che nel momento del sorpasso di una bicicletta occorre lasciarle lo spazio adeguato e non sfiorarla. Una legge siffatta servirebbe solo ad aumentare le liti assicurative in fase post-incidente ma non avrebbe alcun valore preventivo. Il metodo migliore per salvaguardare i ciclisti è evitare la commistione con le automobili. Corsie riservate e piste ciclabili sono le uniche ricette che possono davvero funzionare. Se da una parte sarebbe opportuno che i ciclisti non percorressero le statali, dall’altra nelle città diventa indispensabile offrire loro delle corsie protette. Ecco alcuni esempi di buone pratiche.

piste ciclabili new york
New York: ciclabili ben distinte dalle strade

 

Pista ciclabile nizza
Nizza: cordoli che riservano alle bici parte della strada

 

Piste ciclabili barcellona
Barcellona: levate le auto in sosta, creata la pista

 

Piste ciclabili valencia
Valencia: uno dei due marciapede ospita le bici

 

Roma, come sappiamo, è tra le ultime in Europa per km di piste ciclabili nonostante nella capitale il numero di ciclisti cresca costantemente. Il fenomeno riguarda tutta Italia (nel 2013 sono state vendute 1.600.000 biciclette contro 1.400.000 automobili), ma nella nostra città è stato registrato un vero boom, complice il fatto che Roma è rimasta l’unica grande capitale europea e l’unica grande città italiana a non avere un servizio di bike sharing. L’amministrazione Raggi sembra voler realizzare finalmente nuove piste: quella sulla Nomentana, progettata da anni, potrebbe partire nel 2018, mentre quella su via Marconi è in avanzata fase di studio. Ma certamente non basta. Ciò che serve a Roma è la progettazione di una vera mobilità alternativa in bici.

Solo così si garantisce la sicurezza di decine di migliaia di ciclisti. I dati sono pesanti: dal 2013 ad oggi, sulle strade italiane mille morti in bicicletta e 16 mila feriti. La media purtroppo cresce con oltre 250 vittime l’anno, uno ogni 35 ore. E Roma è ai vertici di questa poco invidiabile classifica! Sempre Roma è tra le ultime in termini di agevolazioni di chi va al lavoro sulle due ruote: impossibile caricare le bici sui mezzi pubblici, trovare parcheggi sicuri e – come già detto – niente bike sharing (anche se basterebbe portare avanti la riforma dei cartelloni pubblicitari approvata nel 2014 e dimenticata dalla giunta Raggi).

E pensare che andare in ufficio in bicicletta è un toccasana per la salute: secondo uno studio dell’Università di Glasgow, chi usa la bici tutti i giorni riduce del 46% il rischio di malattie cardiovascolari. Sono tanti ormai ad aver scelto questo mezzo di trasporto. Basta leggere il racconto di Emanuele, sul blog Salvaciclisti. Come lui migliaia e migliaia ai quali quasi nessuno pensa. Aver chiuso la pista sull’Olimpica per una spaccatura lunga solo 18 metri, ad esempio, è stata una scelta scellerata che costringe le bici a percorrere la Tangenziale.

Tutti devono compiere uno sforzo. I ciclisti devono essere prudenti, usare un abbigliamento consono (giubbetti catarifrangenti) e non immettersi su strade pericolose. Gli automobilisti devono guidare con il cervello. Ma soprattutto il Campidoglio deve accelerare sulla creazione delle piste ciclabili e deve mantenerle. Solo così eviteremo di piangere lacrime di coccodrillo.

 

 

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3 risposte

  1. Tutto vero,

    ma per caso li avete letti i commenti su Repubblica.it (e immagino altri siti) subito dopo la morte del povero Scarponi?

    Con il cadavere ancora da tumulare, più della metà non ce l’ha fatta a trattenersi anche per semplice umano pudore e ha dato la stura al malcompresso livore aggressivo contro gli strani “diversi” che osano contrastare la “normalità” ormai acquisita di sfrecciare su smart e scuderone .

    Ecco, questi cittadini esemplari abbiamo dietro le nostre bici…

    Provate a togliergli qualche pooostomaghinammmmia e vediamo che succede a Beceropolis.

  2. Il poro ciclista non è mica un cojon
    le regole del codice son parolon
    non tutelano i deboli ma solo i sboron
    e per sopravvivere a Roma e dintorn
    arrangiarsi e toccar ferro la soluzion
    E pure modesto io son
    nel mio pedalar ogni giorn !
    Ma brutto mi guarda lo sguderon
    la strada mi taglia il maghinon
    mi sfreccia al centimetro il gran cojon
    e non ricorda lo stop la cara signor
    d’uno sfigato più importante è il suo smartfon.
    Certo non merito troppa attenzion
    molti mi strillan “io pako er bollon”
    Ma ogni mattina al lavoro io son
    senza blaterar assurde ragion
    su chi abbia colpa del trafficon.
    Povera mia città con troppo rabbion
    sfogan sul ciclista la loro delusion
    ma se poi vado lontano da Rom
    trovo come me tanti altri cojon
    che felici pedalan senza eccezion
    sembra normale esser padron
    di civiltà ed educazion.
    Se pedalando si arrischia il boron
    passando col rosso o insidiando il pedon
    è come nell’ascensor mollar uno scuregion
    non sta bene e ci scriverà l’amministrator
    ma dal condomino dott. Mengele non sentiremo ragion

    Non posso negarlo, mi crescerebbe la nasca,
    la bici sul marciapiede rifugiai e qui l’asin casca.
    Ma lei che tanti soldi c’ha tolto dalla tasca
    col pistolon non solo nella bassa comasca
    e di tante rapin con la banda taggiasca.
    Non mi sembra di assomigliarle, caro il mio sor Vallanzasca.

    De sopravviventia velocipaedorum in Beceropolis. Sonetto 3, Tomo 1
     
    AVE caiofabricius VALE

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