Nuova spaccatura nel M5S: Coia e Meloni divisi anche sui cartelloni

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Sembrano maggioranza e opposizione. E invece Andrea Coia e Adriano Meloni fanno parte della stessa coalizione, tra l’altro il primo governo monocolore a Roma dal dopoguerra. Non sappiamo se tra il presidente della commissione commercio e l’assessore corra buon sangue, ma una cosa è certa: hanno una visione diversa sull’amministrazione della città.

Già si è visto con piazza Navona quando Coia ha tentato in tutti i modi di far svolgere una raffazzonata e illegale festa della Befana per quest’anno e Meloni ha scelto correttamente di rinviarla al 2017. Lo stesso è accaduto con la direttiva Bolkestein sul commercio ambulante, contro la quale Coia e il 90% dei consiglieri 5stelle hanno votato una mozione che ne chiedeva il rinvio al 2020, mentre l’assessore ha dichiarato che entrerà in vigore a maggio prossimo.

E ora su un altro delicatissimo tema si apre un nuovo fronte. La riforma dei cartelloni pubblicitari che Roma attende da quasi 30 anni e che fu approvata nel 2014 durante la giunta Marino. Per farla entrare a regime bastano pochi atti formali: l’adozione dei Piani di Localizzazione da parte della giunta dopo il recepimento delle osservazioni di cittadini e Municipi.

La riforma fu approvata con il contributo del Movimento 5Stelle: gli allora consiglieri Stefàno, Frongia, De Vito e Raggi non solo votarono a favore, ma si fecero portatori di alcuni importanti emendamenti che le associazioni Vas e Bastacartelloni avevano predisposto.

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Enrico Stefàno e Virginia Raggi durante il dibattito sul Prip

 

Forse Coia ignora tutto questo o forse finge di ignorarlo. Fatto sta che mercoledì pomeriggio, durante una affollata seduta della commissione commercio, ha espresso una serie di perplessità allineandosi con Davide Bordoni, l’uomo che durante la giunta Alemanno provocò la massiccia invasione di impianti pubblicitari che devastarono la città. Insomma invece di proseguire nel solco della riforma votata dal suo stesso Movimento, dall’attuale Sindaca, dall’attuale presidente dell’Assemblea Capitolina, Coia e alcuni consiglieri vogliono rimettere tutto in discussione, rischiando di far slittare alle calende greche l’entrata in vigore del nuovo Piano Regolatore.

Il cavallo di Troia sarebbe nel bike sharing, il servizio di biciclette condivise presente in tutte le capitali d’occidente e ovunque finanziato dalla pubblicità esterna. Il Comune indice un bando di gara e riserva una quota di cartelloni alla ditta che si aggiudica questo bando e in cambio offre gratuitamente ai cittadini il servizio.

Nell’attuale riforma è previsto che una quota del 6% dell’intero parco impianti (8.000 mq su 135.000 totali) sia destinata a finanziare il bike sharing. La ditta che vincerà il bando avrà l’esclusiva su questi 8mila mq e in cambio dovrà installare in città 350 ciclostazioni. Un servizio che è ritenuto fondamentale per alleggerire il traffico in quanto si è visto che in una città come Parigi, circa il 35% degli spostamenti brevi avviene grazie al bike sharing, evitando l’uso di auto, moto o taxi.

La domanda che si fa Coia e il M5S è perchè tale servizio debba essere affidato ad una ditta privata e non possa essere svolto dal Comune. Ebbene si tratta di una domanda del tutto campata in aria. A Roma il Campidoglio provò nel 2009 ad affidare ad Atac la gestione delle biciclette pubbliche: in pochi mesi furono tutte rubate o vandalizzate e il servizio cessò.

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Inoltre l’installazione di un numero elevato di stazioni prevede un investimento di diversi milioni di euro che non ci sono nelle casse comunali. Per renderlo efficiente, il bike sharing si deve basare su tecnologie e esperienze che solo chi fa questo mestiere può avere. Ecco perchè in tutto il mondo le biciclette condivise sono gestite da soggetti privati che si occupano di pubblicità. Basta studiare cosa è stato fatto ovunque per capire che alternative non ve ne sono.

Ecco allora che la proposta di Coia, di Bordoni e dell’ex presidente della commissione Corsetti di stralciare dall’attuale riforma il bike sharing per affidarlo al Comune è non solo velleitaria ma in malafede. E’ il pretesto per rimandare a chissà quando la revisione generale della cartellonistica pubblicitaria in quanto eliminare una voce così importante vorrebbe dire riscrivere da capo i piani di localizzazione.

Sembra che anche in questo caso Adriano Meloni non sia allineato con Coia e i suoi cattivi compagni di strada ma intenda portare avanti la riforma in tempi brevi e senza stralciare alcuna voce. E’ chiaro però che se l’assessore viene lasciato sempre solo dalla sua maggioranza prima o poi gli equilibri potrebbero rompersi.

Se davvero la giunta Raggi avrà l’ardire di non portare avanti una delle rivoluzioni più desiderate dai cittadini che daranno a Roma maggior decoro, incassi per il Comune quasi raddoppiati e servizi fondamentali quali biciclette e toilette pubbliche, la città potrebbe non perdonarglielo.

 

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Alla seduta della commissione commercio di mercoledì era presente l’arch. Bosi di Vas che ha risposto alle obiezioni del presidente Coia e ha redatto un dettagliato verbale della riunione. Per chi volesse approfondire invitiamo a leggerlo sul sito romano di Vas.

Sullo stesso argomento da segnalare un bell’articolo pubblicato da Romafaschifo

 

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