L’Aipe: ecco la nostra posizione sulla riforma dei cartelloni

cartelloni pubblicitari roma

 

Ieri l’assemblea capitolina ha deciso di riavviare il procedimento sulla riforma dei cartelloni pubblicitari. Ha stabilito una deadline – il 15 novembre 2017 – entro la quale i piani di localizzazione (i punti precisi dove andranno installati gli impianti) dovranno essere approvati. Vi sono, quindi, alcuni mesi per apportare eventuali modifiche ai piani. Nelle prossime ore vi riferiremo in dettaglio della decisione del Campidoglio. Nel frattempo ospitiamo questo interessante intervento dell’Aipe nel quale, l’Associazione Imprese Pubblicità Esterna che rappresenta alcune delle più importanti ditte operanti su Roma, spiega la propria posizione proprio sui piani di localizzazione. E’ la risposta ad un nostro articolo nel quale ipotizzavamo che l’Aipe stesse cercando di fare “melina” come si dice in gergo calcistico. Volentieri, quindi, pubblichiamo questo intervento che contribuisce ad un dibattito più trasparente. icona180

 

aipe

 

Scriviamo questa nota per cercare di dare un contributo alla discussione sulla “riforma dei cartelloni” attualmente in itinere, e per cercare di fare un po’ di luce sulla reale posizione delle aziende aderenti ad AIPE (non pretendiamo di rappresentare la posizione di tutte le aziende pubblicitarie operanti a Roma, anche perché non tutte hanno la stessa posizione).

Come i responsabili delle associazioni che hanno seguito le fasi della riforma sanno, abbiamo sempre messo in luce, fin dalla presentazione del Piano del VII Municipio avvenuta nel marzo 2015 e poi durante tutti gli incontri presso i Municipi, il fatto che ritenevamo questi Piani di Localizzazione inadatti al raggiungimento degli obiettivi dell’Amministrazione, ossia maggior decoro e maggiori entrate.

Abbiamo sempre dichiarato in tutte le sedi come ritenevamo inapplicabili i Piani predisposti dalla Giunta Marino chiarendo che, qualora fossero stati approvati così come sono, avrebbero partorito delle gare per la quali difficilmente si sarebbe presentata qualche concorrente, se non per il circuito del Bike sharing (evidentemente favorito rispetto agli altri circuiti), con il rischio che nel settore rimanesse solamente un monopolista della comunicazione, cosa che continuiamo a ritenere molto pericolosa. Ciò determinerebbe non solo un’evidente perdita di gettito per le casse comunali, ma anche uno strapotere del fornitore del servizio nei confronti dell’amministrazione perché, non potendo collocare molti degli impianti previsti dai Piani, questi disporrebbe di un’arma infallibile per istallare mezzi pubblicitari in qualsiasi zona di Roma oppure chiedere un controvalore economico.

Proviamo a spiegarci meglio: molte delle posizioni individuate dai Piani, anche per il circuito del Bike sharing, non sono utilizzabili perché in quei punti le condizioni della strada non permettono l’istallazione di impianti.  A fronte della fornitura di un servizio costoso come il Bike sharing il controvalore in termini di capacità di esposizione pubblicitaria non può essere aleatorio o comunque inferiore alle previsioni. Questo schema consegna nelle mani dell’aggiudicatario la possibilità di chiedere altro, ossia posizioni ad esempio all’interno delle aree a progettazione unitaria, inspiegabilmente rimaste fuori dalla pianificazione, oppure denaro. 

Questo scenario porterebbe ad una caduta verticale del gettito, anziché alla sua crescita auspicata, e tutta la comunicazione esterna cittadina nella mani di un solo concessionario che avrebbe così il potere di decidere chi può fare l’unica comunicazione che raggiunge tutti indistintamente e chi no, oltre alla chiusura di un gran numero di aziende.

Quando alla fine del percorso municipale ci siamo resi conto che le nostre osservazioni non trovavano risposta alcuna abbiamo deciso chiedere ad un ente scientificamente e istituzionalmente al di sopra delle parti un parere sulla qualità della pianificazione adottata da Roma Capitale, per chiarire intanto a noi stessi e poi, eventualmente, all’Amministrazione se e quali fossero le problematiche.

Abbiamo quindi incaricato il Dipartimento di Pianificazione Design Tecnologia dell’Architettura dell’Università la Sapienza di esaminare gli strumenti programmatori approvati e adottati da Roma Capitale in questi anni per verificare se fossero attuabili e se avrebbero portato al raggiungimento degli obiettivi della riforma.

Sapevamo che il lavoro sarebbe stato concluso tardi rispetto ai tempi previsti per la presentazione delle osservazioni ai piani ma volevamo capire se eravamo in torto a criticare i Piani o se eravamo nel giusto nel chiederne la modifica.

La relazione dell’Università muove una serie di critiche che non sono affatto le nostre ma proprio perché si tratta di uno studio che riteniamo autorevole abbiamo organizzato il convegno di febbraio. Per dare un contributo autorevole alla discussione e far capire all’Amministrazione che i piani, così come sono, non funzionano.

Ci preme però evidenziare come anche nelle conclusioni del Vostro convegno, oltre che dalle argomentazioni portate dalle associazioni negli incontri municipali, è emersa la necessità che i Piani vadano modificati. Per questo motivo non capiamo perché le nostre critiche siano da considerare dilatorie e quelle di altri contributi. Francamente riteniamo che il contributo che potrebbe portare un Dipartimento di Pianificazione dell’Università sia più autorevole di quello di chiunque altro, siano esse ditte interessate o associazioni di cittadini.

Anche la critica alla tardività dello studio risulta incomprensibile. In primo luogo perché non si tratta di osservazioni come le altre, ma del punto di vista di un consesso scientifico che seppure criticabile è sicuramente autorevole. Inoltre per quale motivo sarebbero tardive se a tutt’oggi non sono ancora state formulate le controdeduzioni?

Se quindi il problema sono i tempi necessari ad apportare le giuste e necessarie modifiche ai Piani affinché gli stessi possano servire da base per bandire delle gare assegnabili, rischiamo che, al contrario, si approvino i Piani e poi si debba fare un lavoro molto più lungo per individuare le effettive posizioni da mettere a gara.

Riteniamo sostanzialmente che il lavoro di revisione, quantomeno rispetto alle effettive posizioni da mettere a bando sia un lavoro che va fatto e quindi crediamo sia meglio farlo prima piuttosto che dopo l’approvazione di uno strumento che rischia di lasciare la città in questo stato ancora per molto.

Quali siano le ricette per migliorare i piani secondo il nostro parere lo abbiamo detto tante volte.

Sta però all’Amministrazione decidere sul da farsi e dettare i tempi. Noi esprimiamo il nostro punto di vista e riteniamo semplicemente che per avere una riforma vera ed efficace occorrerebbe ascoltare il punto di vista degli addetti ai lavori o almeno quello di organismi istituzionalmente al di sopra delle parti come l’Università.

 

Aipe, Associazione Imprese Pubblicità Esterna

 

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