I luoghi della Festa del Cinema nel degrado come e peggio del 2015

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Niente come il cinema riesce ad agire positivamente sulla trasformazione della città, innescando un cambiamento positivo nell’approccio ai luoghi della collettività. “Perché il cinema, come e più degli altri prodotti culturali, contribuisce a definire l’immagine del Paese, a comunicarne la creatività, la vitalità, lo stile.” (Riccardo Tozzi, presidente Cattleya)

Questa convinzione ci ha guidato nell’inchiesta sul degrado dei set cinematografici che portiamo avanti da molti anni. Abbiamo unito l’utile al dilettevole: la passione per il cinema, in particolar modo quello di genere (poco battuto in Italia) e l’impegno civile. Ci è bastato intravedere le potenzialità del cineturismo per comprendere che poteva essere un mezzo di rinnovamento urbano dei luoghi dei film e delle serie TV.

E quale occasione migliore della Festa del Cinema, giunta alla sua 12ma edizione, per attuare un’opera di riqualificazione urbana e miglioramento estetico della zona dell’Auditorium, cuore pulsante della manifestazione?

Eppure non è andata così. Ce ne siamo accorti quando abbiamo visitato i luoghi della festa, nel 2015, immersi nella più totale sciatteria. Un groviglio di erbacce, scritte sui muri, cartelloni e bancarelle che abbiamo ritrovato quest’anno, segno che nulla è cambiato nell’atteggiamento dell’amministrazione, e che non c’è stato nessuno sforzo di comprensione e di soluzione dei problemi.

Per documentare le condizioni in cui versa il circondario dell’Auditorium Parco della Musica, abbiamo deciso di percorrere le varie strade che conducono allo sfavillante red carpet. Cominciamo con la “suggestiva” veduta dell’Auditorium per chi arriva da Viale Pilsudski.

 

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La sagoma degli scarabei di Renzo Piano offuscata dai graffiti. Un primo colpo d’occhio disarmante.

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L’ennesima dimostrazione di una conclamata incapacità di gestire gli aspetti scenici del paesaggio, valorizzandone i punti panoramici. Sintomo dell’ignoranza imperante nell’amministrazione e segnale di disinteresse per la qualità estetico funzionale degli spazi pubblici. Eppure sono quegli stessi politici e funzionari-tecnici dei beni paesaggistici che ogni giorno ci raccontano la favoletta della grande bellezza….

Ed è un vero percorso a ostacoli quello di chi si muove a piedi lungo il risicato sentiero che costeggia l’Auditorium, per colpa dei cartelloni che occupano parte dei marciapiedi già stretti.

 

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Siamo sicuri che i due cartelloni, presi ad esempio tra i tanti che affollano i dintorni dell’auditorium, rispettino il codice della strada, il piano generale del traffico e il regolamento comunale affissioni? A noi da sempre interessati all’argomento, pare che qualcosa non torni sia in fatto di ubicazione – la distanza minima tra cartelli è di 15 metri fatta salva la deroga di posizionarli in allineamento con muri e filari di alberi – che in termini di distanza dal ciglio stradale (1,50m) e spazio minimo pedonale (2m). Ma tant’è.

 

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Nastri dei vigili abbandonati: vediamo quanto rimarranno appesi a quell’albero. Sullo sfondo, i cartelloni sospetti (tra i tanti presenti con apparenti vizi di legittimità)

 

 

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Viale Maresciallo Pilsudski. In fondo a destra, l’Auditorium Parco della Musica.

 

E se giungessimo alla Festa del Cinema provenendo da Viale Tiziano, Via Guido Reni e Piazza Apollodoro? Il primo impatto è la vista del Palazzetto dello Sport disegnato da Nervi e Vitellozzi, oscurato da tre cartelloni, due privati e uno comunale per pubbliche affissioni.

 

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Così di primo acchito, i tre cartelloni non sembrano regolari al 100%, non foss’altro perché installati nelle pertinenze di un edificio di interesse-storico architettonico qual è appunto il palazzetto dello sport, rientrando nella fattispecie vietata dal Piano Regolatore degli Impianti Pubblicitari.

 

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Ma si sa, “i probblemi so’artri”: chiedere in tal proposito agli abitanti di Via Flaminia costretti a vivere in case tappezzate dai graffiti che salgono fino ai piani alti e rassegnati – o dis-educati? – a vedere la propria zona degradata. Lo stato di completo abbandono in cui versa una delle zone più belle della città, non può che rammentarci la celebre frase di Ennio Flaiano: “Roma è l’unica città africana senza un quartiere europeo.”

 

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Il cinema è anche e soprattutto estetica e immaginazione. Cosa c’è di meno affascinante e immaginifico di un simbolo di Roma sfregiato dai vandali? E per questo viene da chiedersi: cosa fa il comune per tutelare il Palazzetto, fino a quando non passerà in gestione al Coni?

 

 

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Un tesoro dell’architettura e un capolavoro dell’impiantistica sportiva, rovinato dalle scritte..e qui si giocano le partite della prima divisione di basket e volley, qui si accolgono i tifosi di tutta Italia, migliaia di visitatori e appassionati di cinema passano di qui nel tragitto che li conduce alla Festa del Cinema…

 

 

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E vediamolo questo tragitto, un itinerario immerso nel degrado più totale, un percorso accidentato e irto di ostacoli, tra erba alta, buche e sgretolamenti, auto e motorini sui marciapiedi, cartelloni e camion bar.

 

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Un calvario allucinante, un viaggio nel degrado che non è altro che il percorso abituale di chi si reca a piedi all’Auditorium.

 

 

 

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Ed eccolo, finalmente, il red carpet, la Festa del Cinema. Una festa che guardavamo, lo ammettiamo, con una certa diffidenza in quanto ci ricordava l’ultima stagione del “veltronismo” avvitato in una politica dei grandi eventi culturali che trascurava la gestione dell’ordinario. Assaliti dalla nostalgia per una classe dirigente, quella di allora, spendacciona, forse spesso poco attenta al vero interesse pubblico – e questo non glielo perdoniamo – ma colta, competente e dotata di visione strategica, dobbiamo ricrederci anche sulla festa, divenuta negli anni un appuntamento irrinunciabile per Roma e l’industria dell’audiovisivo. Un evento che ha saputo distinguersi coniugando arte e mondanità, cultura e commercio, spettacolo e impegno sociale,  in maniera ineccepibile, celebrando la creatività e le eccellenze italiane.

Il festival ha saputo entusiasmare e coinvolgere la cittadinanza con una serie di iniziative diffuse sul territorio, animando luoghi e spazi diversi – dal MAXXI, alla Casa del Cinema, al Policlinico Gemelli – puntando sulla qualità e l’originalità delle opere e sul carattere non competitivo e la dimensione popolare dell’evento, basti vedere il successo degli “incontri ravvicinati” con registi, attori e grandi personalità della cultura e dello sport, quest’anno ancora più interessanti e di richiamo (tra un Moretti e un Lynch, anche il mitico allenatore di basket e guru della mindfulness, Phil Jackson). Insomma un’occasione di riflessione e divertimento, nel quadro di un progetto divulgativo e al tempo stesso di rilancio del settore cinematografico e audiovisivo di Roma. Grande merito dunque va riconosciuto al direttore artistico Antonio Monda, e alla presidente della Fondazione Cinema per Roma, Piera Detassis: le sue parole ci aiutano a tracciare un discorso, insolito se volete, sul decoro urbano:

“Il nostro non vuole essere un classico festival che nasce e finisce lì, in quei dieci giorni di grande spettacolo, bensì un percorso che attraversi tutti i giorni la città, i suoi soggetti culturali più attivi, anche oltre il recinto stretto del cinema […]   

E’ fondamentale sostenere una politica di formazione del pubblico, in Italia pressoché analfabeta rispetto all’utilizzo dell’immagine, proprio per mancanza di programmi educativi a riguardo. A parole molti sembrano condividere quest’urgenza programmatica, ma dal punto di vista pratico pochissimi lo fanno, in fin dei conti nessuno.

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Volendo estendere il significato, traducendo queste parole nel linguaggio dell’attivismo antidegrado, potremmo dire che a Roma è fondamentale sostenere una politica di formazione al bello e rispetto all’utilizzo degli spazi pubblici da parte dei romani pressoché analfabeti di senso civico e sensibilità verso il bello. Il guaio è che a parole tutti dicono di condividere quest’urgenza programmatica – lotta al degrado – ma dal punto di vista pratico – adozione di strategie e strumenti normativi, preventivi e repressivi per affrontare le cause del degrado -pochissimi lo fanno, in fin dei conti nessuno. E’ lo specchio fedele della nostra situazione sociale, con il blocco dei partiti che a livello locale tollera e foraggia scarso senso della bellezza e inciviltà, avendo stretto un patto di ferro con gli elettori basato sulla reciproca tolleranza verso i comportamenti scorretti. Dirigenti ed esponenti politici locali sono così attenti a non incrinare la dis-armonia del quieto vivere, a non urtare la sensibilità del cittadino cafone e dell’intellighenzia facilona e conformista, a non spezzare il famoso patto elettorale dell’accondiscendenza che produce assuefazione al brutto e al disordine, che di restituire un’immagine positiva al mondo intero, non gliene può fregare di meno. E così decidono che è meglio lasciare tutto così com’è, ovvero sporco, distrutto, imbrattato. I turisti non votano e neanche le star del cinema (straniere, che quelle italiane – tranne Verdone e pochi altri – sono abituate al degrado tanto chic e democratico) avranno pensato gli assessori e i consiglieri.

Risultato: l’area dell’Auditorium sprofonda nel degrado. Non vogliamo attardarci a confrontare i dintorni del Palais du Cinema di Cannes o del Berlinale Palast di Berlino – solo per fare due esempi molto noti –  con l’abisso di squallore e desolazione che circonda e  avviluppa l’Auditorium Parco della Musica. Siamo certi che Antonio Monda e Piera Detassis ne conoscono la differenza, così come la conoscono e patiscono i dirigenti della Roma Film Commission impegnata ad promuovere il nostro cinema nel mondo. Quello che faremo noi, come al solito, sarà interrogare gli uffici competenti, segnalando ai responsabili amministrativi le criticità riscontrate. Nondimeno, proseguiremo la nostra battaglia per il rinnovamento urbanistico e contro il degrado civile ed estetico. Convinti con il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, che il cinema sia un veicolo di promozione del nostro paese e che i film ambientati in Italia sono il più straordinario strumento di promozione turistica e di rilancio dell’immagine dell’Italia nel mondo.

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Giungla di antenne televisive sui tetti del Villaggio Olimpico

 

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