E se il Covid ci insegnasse a diversificare gli orari di lavoro?

Il Campidoglio stabilisce aperture differenziate per negozi, uffici e centri commerciali. C'è voluta una pandemia per realizzare un'idea di 30 anni fa. Un test anche per il dopo

La prima giunta Rutelli, quella che tante cose fece per Roma e che probabilmente è stata una delle migliori amministrazioni della capitale, tirò fuori dal cilindro un’idea in apparenza semplice che, però, non riuscì a mettere in pratica. Per evitare gli ingorghi sulle strade e gli affollamenti nei mezzi pubblici nell’ora di punta, occorre differenziare l’inizio e la fine delle attività produttive.

Non più tutti insieme fuori da casa tra le 7 e le 8.30 del mattino ma scaglionati in base alle esigenze dei singoli settori, alle preferenze di acquisto, alle abitudini personali. Per metterla in pratica costituì un ufficio apposito che fu battezzato “tempi e orari”. A dirigerlo c’era una brava e combattiva giornalista, Mariella Gramaglia che purtroppo ci ha lasciati nel 2014 dopo un lungo impegno in politica a favore delle donne. Era proprio per la sua formazione femminista che la Gramaglia aveva intrapreso questa battaglia a tutela delle mamme lavoratrici. Portare a scuola i bambini, poi dover scappare al lavoro è spesso impossibile, soprattutto quando gli orari si sovrappongono.

Mariella Gramaglia

 

Se cercate su Google o negli archivi internet troverete poco sul quel lavoro straordinario, frutto di una visione avanzata che già nei primi anni ’90 Roma poteva vantare e che poi si è spenta a causa di una classe politica sempre meno innovativa. La memoria degli studi per la modifica degli orari della città è rimasta in pochi, forse chi scrive è uno dei pochi dato che da giovanissimo cronista capitolino venne perfino consultato da Mariella Gramaglia per esporre il proprio parere sul lavoro redazionale e sui turni che si svolgevano nelle tv private nell’ormai lontano 1992.

Gli orari delle scuole, degli uffici, dei negozi rimasero praticamente immutati, soprattutto al mattino, mentre divennero leggermente più flessibili alla sera, a causa dell’arrivo dei grandi centri commerciali. Ma l’ora di punta è rimasta quella, lo spavento di chiunque debba raggiungere il posto di lavoro tra le 8.00 e le 9.00 del mattino, soprattutto se proviene dall’area metropolitana sia in auto che con i mezzi pubblici.

 

Ma ecco che il Covid è riuscito dove hanno fallito studiosi e pensatori. La giunta Raggi, infatti, sta per emanare un provvedimento che differenzia gli orari di apertura nel seguente modo:

  • Supermercati, alimentari, forni e pasticcerie: apertura ore 8 – chiusura tra le 19.00 e le 21.30;
  • Artigianato (falegnameria, elettricisti, idraulica, cornici): apertura tra le 9.30 e le 10.00 – chiusura tra le 18.00 e le 19.00;
  • Negozi di quartiere (abbigliamento, calzature, librerie, parrucchieri, telefonia, informatica) sia del centro che in periferia: apertura tra le 11.00 e le 11.30 – chiusura tra le 19.00 e le 21.30.
  • La domenica i supermercati dovranno chiudere massimo alle 15.00.

Questo regime provvisorio dovrebbe durare fino al 21 giugno, salvo proroghe da decidere in base all’andamento dell’epidemia.

L’esperimento è molto interessante perché per la prima volta la rush hour, come la chiamano gli inglesi, viene spalmata in una fascia compresa tra le 8.00 e le 11.30 al mattino e tra le 18.00 e le 21.30 alla sera. Lo scopo in questa fase è evitare l’affollamento sui mezzi pubblici per garantire il distanziamento. Ma può essere valutato anche come test per il futuro, quando l’emergenza cesserà e torneranno il traffico infernale e le metropolitane piene come un uovo.

Non è semplice come sembra. Alcune categorie di lavoratori non gradiscono terminare il loro turno tardi e chi ha giovamento per la cura della famiglia alla mattina potrebbe però avere problemi con la gestione dei bambini la sera. Oppure chi fa sport, allenamenti al tramonto dovrebbe cambiare abitudine e spostarli al mattino. C’è poi la possibilità che due partner siano costretti a seguire orari differenti e questo provocherebbe difficoltà in casa. Insomma c’è chi preferisce affrontare le insidie del traffico piuttosto che rischiare altri tipi di problemi familiari e personali.

Ma vi sono anche attività che non richiedono per forza l’orario lungo di lavoro e queste potrebbero essere sottoposte ai nuovi turni e quindi alleggerire i flussi di pendolarismo. E’ sempre grazie al lavoro di Mariella Gramaglia che gli asili nido aprirono anche di pomeriggio nella metà degli anni 2000 e che gli uffici comunali e anagrafici prolungarono l’orario prima solo due giorni a settimana e poi con la giunta Marino si arrivò a 5 giorni. Tutto per agevolare chi lavora e diluire le punte di traffico. Purtroppo l’avvento dell’attuale amministrazione ha cancellato anche quel poco di buono che era stato fatto in questo campo: non solo gli orari del pomeriggio degli sportelli comunali sono stati via via eliminati, ma si è arrivati all’inefficienza più vergognosa per i rilasci della carta di identità. Ma questa è un’altra storia.

Tornando al tema degli orari, possiamo dire che questo drammatico periodo ci sta almeno facendo sperimentare nuove forme di mobilità, nuovi ritmi e scadenze quotidiani. Sarebbe utile che la giunta Raggi nominasse un piccolo team di esperti (ora che le task force vanno tanto di moda) per valutare i vantaggi e gli svantaggi di questo sistema.

Ma il timore è che la giunta non comprenda la reale portata di questo esperimento. Per farlo occorre memoria storica ed esperienza, doti di cui i nostri (eroi) sono del tutto sprovvisti.

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2 risposte

  1. Sulla carta l’idea è ottima ma credo che la realizzazione sia molto difficile, alcune delle difficoltà le spiega l’articolo stesso. I figli e gli orari scolastici sono uno dei punti fermi di una famiglia, stessa cosa per i servizi (dall’anagrafe alle banche) se gli utenti hanno gli orari di lavoro spalmati dalle 8 di sera alle 21 e oltre vuol dire che anche loro devono mantenere orari “lunghi” per soddisfare tutti.
    Probabilmente si risolverebbe meglio il problema attivando una moderata “spalmatura” degli orari, un potenziamento del trasporto pubblico e un maggior ricorso allo smart working.

    1. Infatti, Enrico è come dice lei. Abbiamo voluto ricordare questa esperienza dei primi anni 90 perché il tema degli orari è complesso e fu esaminato a lungo. Ma all’epoca non c’erano le tecnologie di oggi e lo smart working era impossibile. Fu per questo a mio avviso che i frutti furono limitati. Qualcosa si può e deve fare adesso, come la spalmatura degli orari. Già solo diversificare le aperture dei negozi rispetto agli uffici potrebbe aiutare molto.

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