De profundis per la riforma degli impianti pubblicitari

Con l’amministrazione Raggi non sarà attuata la riforma degli impianti pubblicitari.

Niente riduzione del numero di impianti e delle superfici espositive, niente omologazione degli impianti, niente aumenti degli introiti per il Comune, niente ripristino del decoro in tutta la città e niente miglioramento della sicurezza per la circolazione dei veicoli.

Un vero disastro e un’intera consiliatura letteralmente buttata alle ortiche!

 

Questa è la realtà di cui abbiamo dovuto prendere atto assistendo alla commissione commercio di venerdì 17 gennaio. La seduta è stata convocata dal presidente Coia con all’ordine del giorno un aggiornamento sulla riforma degli impianti pubblicitari ed alla sua apertura si è dovuto prendere atto che l’assessore competente, Carlo Cafarotti, pur invitato non era presente né aveva inviato un suo sostituto.

In realtà era presente il dott. Paciello, neo-responsabile dell’ufficio affissioni che ritorna sempre all’assessorato al commercio. Considerata però l’importanza del tema e le comunicazioni che lo stesso Paciello ha poi fatto, è davvero un segnale di totale menefreghismo per la città l’assenza dell’assessore responsabile.

 

L’intera seduta ha consistito nell’esposizione del dott. Paciello che ha esordito con la doppia buona notizia del suo ritorno alla guida dell’ufficio affissioni, che già aveva diretto con gli assessori Bordoni (giunta Alemanno) e Leonori (giunta Marino), e con la comunicazione della richiesta pervenutagli dall’assessore Cafarotti di procedere all’attuazione della riforma degli impianti pubblicitari così come approvata dall’Assemblea Capitolina nel 2014.

 

Ci si chiederà come mai Cafarotti, e più in generale l’amministrazione Raggi, si siano decisi solo a fine 2019 ad attuare una riforma rincorsa per decenni (dai tempi del Sindaco Rutelli!?!), finalizzata nel 2014, votata dalla stessa Raggi e che il Sindaco Raggi si è trovata servita su un piatto d’argento fin dall’inizio del suo mandato?

La risposta è purtroppo semplice: anche nel campo della pubblicità in esterni l’amministrazione Raggi si è subito fatta sedurre dalla lobby delle ditte pubblicitarie andando dietro alle loro storie di una riforma fatta male, che avrebbe dato tutto in mano alle multinazionali, che avrebbe messo sul lastrico centinaia di famiglie, ecc. Le stesse storie sentite per gli ambulanti o per gli stabilimenti balneari, che basterebbe un po’ di buon senso per ignorare ma che il M5S ha dimostrato di subire in maniera imbarazzante. Ed anche in questo campo ad inizio consiliatura abbiamo assistito agli scontri tra l’allora assessore Meloni che cercava di attuare la riforma e il presidente Coia che la frenava in ogni modo.

 

Evidentemente qualcuno nell’amministrazione deve avere alfine aperto gli occhi e si deve essere reso conto dell’incredibile opportunità che da anni la Raggi aveva a disposizione, riuscendo a convincere il Sindaco che era assolutamente il caso di procedere senza indugi. La cosa assurda è infatti che tutto il lavoro era stato fatto dall’assessore Leonori e alla Raggi sarebbe bastato attuare la normativa già approvata per potersi prendere gran parte dei meriti. E noi saremmo stati i primi a riconoscerglieli tali meriti, pur avendo combattuto per questa cosa almeno dal 2009 e quindi ben sapendo chi ci si è impegnato per davvero (nell’ambito del M5S, ad esempio, i maggiori meriti li ha Enrico Stefàno, che da consigliere di minoranza ha seguito con continuità tutto il lavoro della commissione commercio).

Ma c’era l’ennesima lobby da tener buona e quindi la Raggi, per mano del fido Coia, ha bloccato tutto, guardandosi bene da qualsiasi anche minima interlocuzione con noi e altri che sulla riforma degli impianti pubblicitari ci hanno speso giornate e nottate “aggratis”.

La melina per evitare di attuare la riforma approvata nel 2014 arrivò a concretizzarsi nel 2017 con una delibera di Assemblea Capitolina contenente consistenti modifiche al regolamento, tali da rimettere tutto in discussione. E che di melina si trattasse lo dimostra il fatto che quella delibera non è stata mai approvata.

 

Tornando alla riunione della commissione commercio, dopo le buone notizie del ritorno di Paciello e della decisione dell’amministrazione di procedere finalmente con l’attuazione della riforma del 2014, lo stesso Paciello ha dato la ferale notizia di una sopraggiunta novità che renderà necessaria una revisitazione della normativa tale che ragionevolmente non si potrà procedere alla sua attuazione nell’ambito dell’attuale consiliatura.

Stando a quanto si è capito, l’ultima finanziaria avrebbe infatti introdotto diverse modifiche alle normative che erano alla base della riforma del 2014, per cui essa andrà rivista, benché sembra non sarà necessario riscriverla da capo. Inoltre le nuove norme richiedono che un eventuale nuovo regime vada in vigore non prima del 1 gennaio 2021 per cui anche volendo accelerare il processo amministrativo al massimo, sembrerebbe che occorrerà aspettare il nuovo anno per poter ripartire.

Si tratta in sostanza di ricalcolare i canoni non più solo sui metri quadri della superficie espositiva netta ma anche sulla cornice dell’impianto; di inserire norme che impongano di oscurare eventuali cartelloni abusivi e di contemplare i nuovi impianti di natura digitale.

Considerando i prevedibili ostacoli che alcune delle ditte tradizionali ricominceranno a porre per difendere i propri miseri orticelli, ricorrendo al TAR su ogni singolo atto, ci si può scommettere che Virginia Raggi non vedrà da Sindaco l’applicazione della nuova normativa.

 

Per correttezza, il dott. Paciello si è limitato a descrivere i tempi previsti dalle modifiche della finanziaria, sottolineando più volte la necessità di aspettare il 1 gennaio 2021 per poter ripartire con l’attuazione della riforma (avendo nel frattempo approvato in Assemblea Capitolina il nuovo testo). Quindi il fatto che non si vedrà nulla in questa consiliatura è una nostra conclusione, sulla quale però siamo disposti a scommettere.

 

Ecco quindi realizzato il disegno che fin dall’inizio l’attuale amministrazione ha mostrato di avere: annientare la riforma degli impianti pubblicitari per lasciare l’indecente status quo romano.

Già perché se è vero che ora è sopraggiunta la finanziaria a richiedere modifiche profonde, se l’amministrazione Raggi avesse proceduto senza indugio a quest’ora la riforma sarebbe già a regime da almeno un paio d’anni, con meno impianti, più decorosi e sicuri, maggiori introiti per il Comune e probabilmente anche per le ditte pubblicitarie.

E le modifiche della finanziaria si sarebbero applicate sul regime già riformato.

 

Si può essere più incapaci e irresponsabili di così?

 

Peraltro questo è uno schema già visto, già applicato al settore del commercio ambulante. Come non ci stanchiamo di ribadire, grazie soprattutto alla non-riforma del presidente Coia (ma anche alla ferma contrarietà alla Bolkestein del M5S) l’indecente proliferazione delle bancarelle a Roma è stata cristallizzata.

 

Lo schema è lo stesso anche perché apparentemente attuato dallo stesso soggetto, ossia il presidente della commissione Coia che ricordiamo fin dall’inizio estremamente ricettivo su tutte le obiezioni avanzate dalle ditte pubblicitarie.

Questa volta però il presidente Coia l’ha fatta davvero grossa, perché non solo ha fatto l’ennesimo pessimo servizio a Roma (dopo aver salvato tutte le bancarelle, rovinato per 10 anni la festa della Befana di piazza Navona, dato nuova linfa a “tavolino selvaggio”) tenendo nei fatti in freezer per oltre tre anni la riforma dei cartelloni. Questa volta il Coia ha provato anche a fare la vittima dando tutta la colpa alla finanziaria 2020.

 

 

Recuperando infatti un articolo del settimanale “Il Caffè di Roma” del 23 gennaio u.s., leggiamo alcune dichiarazioni del presidente Coia che gridano vendetta:

Purtroppo, con sommo sconforto, abbiamo appreso che la finanziaria 2020 ha sparigliato le carte in tavola“.

Continueremo il percorso iniziato nel 2016 per regolamentare defintivamente il tema delle affissioni a Roma“.

 

Ovviamente il “sommo sconforto” di Coia è credibile come una moneta da tre euro. Così come per “Continueremo il percorso iniziato nel 2016 …” il Coia non può che intendere il boicottaggio della riforma degli impianti pubblicitari, un’opera iniziata fin nei primi giorni di governo e che ora ha visto il coronamento finale con la finanziaria 2020.

Davvero un peccato che il giornalista de “Il Caffè di Roma” abbia abboccato alla tesi del presidente Coia, non avendo evidentemente egli idea di come siano andate effettivamente le cose.

 

Non sappiamo più come esprimere la nostra contrarietà ai disastri che il presidente Coia sta combinando fin dall’inizio del suo mandato e davvero non capiamo come il sindaco Raggi non si renda conto di come una parte non trascurabile della sua impopolarità sia dovuta ai fallimenti in materia di commercio tutti ascrivibili all’operato del presidente Coia.

 

 

P.s.: immaginiamo che il presidente Coia non approverà i nostri giudizi ma probabilmente farà finta di niente, essendo il nostro blogghino una tribuna trascurabile. Nel caso però volesse concedere una sua replica, per cercare di renderla minimamente costruttiva, gli saremmo grati se volesse dimostrarci tutto il grande lavoro fatto dalla sua commissione che sarebbe stato vanificato dalla finanziaria 2020. Scommettiamo che non lo farà?

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