Banchi a rotelle finiti in magazzino, tra criticità, spreco e scarsa coordinazione

318 milioni di euro è la spesa dichiarata da Domenico Arcuri, 500 milioni secondo la UIL. Eppure alcune scuole li rimandano indietro. Quali erano le priorità della scuola?

Dopo la nostra prima puntata sullo spreco delle risorse pubbliche per le Primule (i padiglioni mobili dove dovranno essere effettuati i vaccini di massa), oggi rilanciamo quanto sta avvenendo anche con i famosissimi banchi a rotelle, voluti con forza dalla ministra Azzolina, convinta che i nuovi arredi avrebbero favorito il giusto distanziamento sociale e la ripartenza in sicurezza delle scuole.

Da una settimana ormai circolano in rete o sulle maggiori testate giornalistiche foto e video di migliaia di banchi acquistati e accatastati nei magazzini scolastici, la motivazione dei presidi è univoca: i banchi sono fondamentalmente inutili, scomodi e non garantiscono la giusta sicurezza sia in termini anti-contagio sia per la sicurezza fisica personale. Alcuni hanno denunciato il distacco facile delle rotelle, già nella fase di montaggio, altri di come le ruote non si riescano a bloccare neppure nella fase di seduta, provocando dei bruschi scivolamenti.

Banchi inutilizzati dal liceo Seneca (foto corriere.it)

Non volendo entrare nelle questioni tecniche inerenti all’affidabilità delle aziende produttrici, quello che si vuole mettere in luce è l’ennesimo passo falso del governo uscente nella risposta alla pandemia. La logica che ha mosso la ministra, come anche il comitato tecnico scientifico, è stata quella di ammodernare parte degli arredi scolastici, tralasciando altre priorità, come le strutture poco agibili, il superamento delle classi pollaio, l’ampliamento dell’organico per garantire una maggiore flessibilità delle lezioni e il potenziamento delle apparecchiature tecnologiche. Non da ultimo, la formazione stessa dei docenti che, all’improvviso, si sono ritrovati a insegnare con metodi fino ad allora sconosciuti, come la didattica a distanza. Secondo il report annuale pubblicato dalla fondazione Agnelli, in Italia, circa un insegnante su tre (il 30%) non sa usare strumenti digitali per le lezioni.

Parliamo di priorità perché il piatto messo a disposizione per gli arredi ammonta a 318 milioni di euro, secondo le stime del Commissario Straordinario Domenico Arcuri.

Cifra giudicata parziale dai sindacati. Pino Turi, segretario generale UIL Scuola, ha dichiarato, infatti, che la spesa ammonterebbe, invece, a 500 milioni di euro, tra l’acquisto di banchi tradizionali monoposto e quelli a rotelle.

Sempre Turi ha spiegato che le critiche non riguardano direttamente l’arredo, che in tempi normali sarebbe stato considerato un intervento avveniristico, quanto, invece, il governo che si è fossilizzato su questi elementi trascurando del tutto la questione delle strutture e del personale. Con 500 milioni di euro “si potevano assumere 16 mila persone in un anno, sostenendo di fatto 16 mila famiglie”. I dati esposti da Pino Turi, seppur possano apparire retorici, sono utili a rilanciare un dibattito nelle istituzioni sul come ancora una volta non si è puntato sul “capitale umano” per fronteggiare una situazione di straordinaria difficoltà.

Ma oltre  questo, si sarebbe potuti intervenire sul rifacimento e ammodernamento di molti edifici, acquistare dei termoscanner, dei purificatori di aria, potenziare l’apparato tecnologico delle scuole e molto altro.

Con le nuove norme di distanziamento e di contingentamento è impossibile garantire per il prossimo anno l’immatricolazione a tutti gli studenti, i presidi hanno lanciato l’allarme che a settembre molti ragazzi non potranno essere accolti perché mancherà lo spazio fisico per loro.

La questione, dunque, ruota tutta attorno ad una scarsa strategia di coordinamento tra il territorio e le istituzioni. Con strutture che sarebbero arrivate presto alla saturazione (perché le norme di distanziamento in molti casi ne hanno dimezzato la capienza) il punto di partenza non doveva essere il cambio degli arredi.

Liceo artistico Alessandro Caravillani (foto corriere.it)


A Roma, ad esempio, lo storico liceo artistico Alessandro Caravillani
, a piazza Risorgimento, a pochi passi da San Pietro, è chiuso dal 30 ottobre 2016, quando, dopo la scossa di terremoto che mise a dura prova il centro Italia, la struttura divenne inagibile, con profonde crepe lungo le pareti e parte dei pavimenti divelti. Dopo quattro anni, non è partita nessuna opera di rifacimento e il costo, come sempre, è lievitato nel tempo; oggi si stima che per riaprire la struttura occorrerebbe lo stanziamento di 1 milione e 800 mila euro. Questa sede storica, una palazzina di tre piani che copre un intero isolato, non era solo un liceo, ospitava anche una scuola materna, con laboratori tecnico-artistici e una palestra completa di bagni e docce. Per la sua centralità e la sua grandezza raccoglieva al suo interno più di 600 alunni, nonché seggio elettorale per il quartiere. L’agibilità dei suoi spazi garantirebbe una via d’uscita a molti istituti della capitale che a settembre dovranno fronteggiare le nuove immatricolazioni.

Come è stato sottolineato dai sindacati quello che è andato in mostra è un chiaro cortocircuito sulle modalità per fronteggiare l’emergenza scolastica. Si è chiesto ai professori di fare didattica a distanza, quando non erano in grado di farlo; molti ragazzi non disponevano di mezzi e connessioni per garantire la loro presenza virtuale; si sono chiuse le scuole e, invece di riprogettare i loro spazi, si è puntato tutto sui nuovi banchi, messianici di una trasformazione che stenta a partire.

Sempre a Roma, la preside del liceo Seneca, Loredana Carloni, ha rilanciato le criticità dei banchi. Dopo averne ordinati 800 si trova costretta ad accatastarli nei magazzini o negli spazi che prima erano adibiti ad attività collettive: “I banchi a rotelle sono diventati un problema in più, vorrei tanto darli indietro ma non so come fare, nessuno mi risponde”.

La Carloni tocca infatti un aspetto importante riguardo alla questione delle competenze. Una volta immessi nel territorio a chi spetterebbe coordinare gli arredi mobili delle scuole?  Secondo la preside, la proprietaria degli arredi è “Roma Città Metropolitana” che a quanto pare, ad oggi, non ha mai risposto alle richieste di aiuto.

In conclusione, il bando per i banchi a rotelle avrà avuto, di certo, il merito di garantire a molti istituti il rinnovo dei suoi arredi fermi a più di vent’anni fa, ma la logica del “fare”, in contrasto alle vecchie politiche immobili, in particolar modo nella scuola, non può essere un alibi per camuffare le enormi criticità dell’agire, soprattutto quando questo “fare” si attua senza nessuna pianificazione tra istanze locali e gli enti competenti.

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