Alla ricerca della biro perduta: l’imbarazzante appalto del Comune per smistare la cancelleria

Dopo la denuncia del Messaggero, abbiamo cercato tra le pieghe del bando per il nuovo personale. 635 mila euro che potevano essere spesi meglio

La questione dell’appalto esterno, per reclutare personale da destinare a due uffici di Roma Capitale, è una storia particolare che va vissuta con il giusto distacco.

Non ci addentreremo per questo nei cavilli tecnici dell’appalto, né tanto meno sull’effettiva portata di questo provvedimento, ma ci limiteremo ad alcuni passaggi che abbiamo incontrato nella lettura della “relazione tecnica amministrativa”, che dovrebbero suscitare un giusto dibattito tra le forze politiche in Campidoglio, sia quelle di governo sia quelle di opposizione.

Nella segnalazione che è stata fatta dal Messaggero sulla pubblicazione del bando, quello che ha destato più clamore è stata per l’appunto la necessità da parte del Dipartimento Risorse Economiche di ampliare il proprio organico per migliorare alcuni servizi all’interno di due sedi, quella in via Ciappi e quella in via Ostiense.

Il 19 ottobre è stata pubblicata la relazione tecnica che specifica le mansioni che il nuovo personale dovrà svolgere, durante il servizio di 36 mesi con decorrenza a partire dal 1/04/2021. Gli incarichi prevedono: un servizio di accoglienza con un front office potenziato; l’ausilio agli uffici; l’inserimento dei dati; un servizio di archiviazione documenti; lo smistamento della corrispondenza interna ed esterna; un miglior servizio di portierato.

Addentrandosi in ogni singola voce si possono leggere le mansioni specifiche, ed è proprio qui che il cittadino si ritrova in un coacervo di banalità che lasciano sgomenti, dallo smistamento della cancelleria nei singoli uffici interni all’affissione di etichette di archiviazione per i documenti, dal ritiro della corrispondenza postale all’assistenza dei cittadini in fila per distribuire i biglietti di numerazione.

Se non bastasse, al punto A.5 si legge “le risorse impiegate dovranno essere dotate di capacità professionali e psico-attitudinali idonee per l’apprezzabile svolgimento delle prestazioni richieste”. Dunque, i luminari che hanno scritto questo testo, hanno sentito l’esigenza di specificare che nel ritirare la posta o nel distribuire penne e risme di carta sia necessaria una spiccata capacità professionale, ma non contenti si sono spinti oltre, sottolineando che “ci saranno anche percorsi di orientamento e di formazione”.

Le perplessità sorgono spontanee, o da una parte gli attuali impiegati sono totalmente incapaci di inviare una raccomandata, di prendere una penna in un magazzino, di indicare ai cittadini l’ufficio idoneo alle loro richieste, oppure sono talmente impegnati e sopraffatti dal lavoro da non potersi mai staccare dalla sedia durante la giornata.

È sacrosanto sorridere di questo testo e chiedere spiegazioni alla sindaca Virginia Raggi, perché la relazione, così com’è, ricorda molto le scene della saga di Fantozzi. Nelle mansioni descritte, infatti, manca solo l’ufficio affrancature e il dipendente addetto a leccare i francobolli.

Alcuni hanno giustamente puntato il dito contro la sindaca per la cifra di 635 mila euro che saranno destinati al vincitore dell’appalto, cifra che di questi tempi potrebbe tornare utile per contrastare molte emergenze della città, dal turismo alla povertà, dai trasporti alle scuole, ma il punto che dobbiamo tenere a mente, per non cadere in un facile livore, è che in questo caso il problema non è una questione di priorità, e dunque su quale scala di valori dirottare questi soldi, perché ci troviamo di fronte un dipartimento che ritiene necessario potenziare il proprio organico per “garantire i più elevati standard qualitativi e offrire un puntuale supporto all’attività amministrativa in termini di efficacia ed efficienza amministrativa”.

Ecco, allora, come viene specificato nel punto A, stiamo parlando di efficienza, e quando si parla di “efficacia amministrativa”, soprattutto in una città come Roma, bisogna essere responsabili. Così, accettando per un istante la fotografia, offerta dal dipartimento, di due sedi comunali in affanno, viene da chiedersi il perché non limitarsi a redigere un testo dove esplicitare l’esigenza di potenziare il proprio front e back office? Era così imprescindibile specificare le mansioni di cancelleria, che rientrano nella routine quotidiana di qualsiasi impiegato? Aggiungendo l’obbligo di percorsi formativi? Soprattutto quando di mezzo ci sono fondi pubblici in una fase economica così delicata? Anche nel caso in cui il codice degli appalti prevedesse una puntuale esposizione dei compiti dei ruoli richiesti, il dipartimento aveva a disposizione un ampio spettro di possibilità per evitare questo imbarazzo al Campidoglio, perché come è stato detto la cancelleria rientra nella quotidianità di un impiegato.

Ci poniamo queste domande poiché, ripetiamolo, la questione non è di priorità ma di qualità, qualità della burocrazia, degli uffici tecnici, è una questione di responsabilità politica ed etica dei funzionari preposti.

In questo caso potremmo dire che la sindaca, finita nel pentolone delle critiche, è vittima di un fuoco amico, o non tanto amico, ma comunque incastrata nuovamente nelle maglie della burocrazia romana, cosa alquanto sgradevole vista la campagna elettorale appena iniziata.

Purtroppo, non si può più intervenire, il bando scadrà il 9 novembre alle ore 10:30, tutta la documentazione è già stata pubblicata e diffusa, alcuni potranno dire che è solo una procedura, un eccesso di zelo, ma come cantavano i CCCP molte volte non deve essere sempre e solo una formalità, ma anche una questione di qualità.

 

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