Sportelli comunali aperti solo al mattino. Uffici postali che costringono anziani e disabili in fila all'esterno. La denuncia ragionata della giornalista Barbara Pavarotti


 

Da quando è iniziata la cosiddetta “Fase 2”, abbiamo segnalato una serie di servizi pubblici che non ripartono sebbene non vi sia alcun motivo di carattere sanitario. Il blocco o il rallentamento di queste attività sta creando disagi profondi ai cittadini che si domandano la ratio che sta dietro alle scelte delle amministrazioni.
Oggi lasciamo la parola a Barbara Pavarotti, giornalista dalla lunga esperienza, che sulla sua pagina Facebook ha lanciato alcune provocazioni intelligenti.

In corsivo, le sue riflessioni e in seguito i nostri commenti.

“A Roma abbiamo capito che il Covid colpisce di pomeriggio, la mattina no. Circoscrizioni e casa comunale hanno abolito le aperture pomeridiane e fanno orario ridotto. Perchè c’è il Covid. Nel settore dei burocraticissimi servizi ai cittadini, è diventato un virus a ore. In questi uffici tornare agli orari di prima è letale, il rischio di contagio dopopranzo si impenna”.

Lo scorso 16 maggio, avevamo segnalato il blocco delle attività nei Municipi e negli Uffici Tecnici comunali. Ad oggi la situazione è cambiata di poco con sportelli aperti solo poche ore e alcuni giorni a settimana. Come scrive correttamente Barbara Pavarotti non ha senso pensare che uffici aperti solo al mattino garantiscano la difesa dal contagio, come se il virus al mattino sospendesse la sua aggressività e si accanisse sui malcapitati utenti dalle 14 in poi.

Tanto per fare qualche esempio, l’VIII Municipio prosegue con il suo calendario “pazzo” – avendo pubblicato un avviso datato 30 luglio 2020 (!) – col quale comunica che sono aperti al pubblico solo i servizi “incomprimibili”. Poi però specifica che occorre prendere un appuntamento per Carta di Identità Elettronica, Autentiche, Permessi di Soggiorno, Pubblicazioni di matrimonio, di testamento etc. Abbiamo provato più volte a chiamare i numeri indicati ma la linea squilla a vuoto in tutti gli orari.

Chiusi fino al 30 giugno, senza un valido motivo, gli sportelli Dipartimento Risorse Economiche del Comune. Impossibile quindi avere informazioni su tributi e tasse comunali.

Chiusi i servizi demografici di via Goito e piazza Grecia del II Municipio. Bloccato il rilascio dei contrassegni per disabili in IV Municipio.  Sbarrati l’URP e l’Ufficio Protocollo del IX mentre per la carta di identità e altri documenti occorre comprovare la necessità e l’urgenza (!). E gli esempi potrebbero proseguire all’infinito.

 

Torniamo agli spunti che provengono dalla collega Barbara Pavarotti. Ecco un altro racconto dopo aver provato ad accedere all’ufficio postale di viale Mazzini.

“Posta di viale Mazzini a Roma: si entra uno alla volta e la fila fuori è lunga 2 km. Scene pietose: persone anziane che non si reggono in piedi, donne incinte costrette a rimanere fuori in piedi per ore. Dentro lo spazio sarà di 1000 mq, è così difficile far entrare chi non si regge dritto, farlo sedere a distanza e ripristinare il numeretto per lo sportello?”

Giustamente indignata, ha invitato tutti a scrivere una mail di protesta al Mise e in particolare al ministro Patuanelli al seguente indirizzo: segreteria.ministro@mise.gov.it

Buongiorno, sono una cittadina e scrivo perché ho assistito a ignobili scene fuori dalle poste di viale Mazzini a Roma. File di chilometri e gente anziana, donne incinte costrette a stare in piedi per ore. Si può entrare solo uno alla volta, quando si liberano i vari operatori e la gente è stremata. Queste misure anti Covid si stanno rivelando in questo caso sadismo allo stato puro. Non è possibile che in uno spazio di 1000 mq non si trovi il modo per far entrare, mantenendo la distanza, le persone più fragili, farle aspettare sedute, ripristinando il numeretto di accesso alle operazioni. Dentro è pieno di sedie, panche, è assolutamente possibile mantenere il distanziamento, invece è vergognoso e crudele questo sistema di protezione agli uffici postali. Quanto deve durare? Col freddo, la pioggia, il solleone, tutti fuori in piedi per ore? Volete uccidere gli anziani che il Covid non ha ucciso?

E poi aggiunge in un altro commento:

“BASTA DI VESSARE E COMPLICARE LA VITA AI CITTADINI. IL COVID COSA E’ DIVENTATO? UNO STRUMENTO SADICO PER FARCI SCOPPIARE? Allora meglio il lockdown, tutto chiuso e non si fa nulla. Non si ritirano le raccomandate, gli atti giudiziari e tutto va alle calende greche. Perché gli impiegati pubblici devono continuare a lavorare part time? Vergogna. Non so gli altri Comuni, ma Roma sta facendo di tutto per renderci la vita impossibile”.

Abbiamo voluto raccontare la sua indignazione tramite questi post, perché è la stessa nostra indignazione. Nessuno vuole sminuire la gravità di quanto accaduto per il Covid, ma le amministrazioni pubbliche devono compiere scelte sensate, che abbiano una logica. Se è necessario tenere chiusi gli uffici perché vi è rischio di contagio (ma questo va provato scientificamente e non dichiarato da qualche oscuro funzionario), allora si chiudano. Se invece non vi sono rischi, allora si riaprano e si ritorni agli orari pre-epidemia che già erano insufficienti per garantire un servizio adeguato.
Secondo un’indagine della Fondazione Promo PA, che ha analizzato l’attività di 50 dirigenti pubblici in smart working per via del Covid, la produttività è calata del 30%.
La Cgia di Mestre ha calcolato che solo a Roma il costo annuo sostenuto dalle imprese per le lentezze della pubblica amministrazione ammonta a 5,37 miliardi di euro e che il Covid ha reso insormontabili gli ostacoli.

Non va meglio per gli utenti dei servizi, scoraggiati da questa soluzione tutta romana delle aperture parziali o delle prenotazioni impossibili. La classe burocratica capitolina, garantita da stipendi sicuri e contratti blindati, non può costituire la zavorra della ripresa.

 


Altri settori per i quali Roma non riparte

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